16 Ed ecco un tale gli si avvicinò e gli disse: «Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?». 17 Egli rispose: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». 18 Ed egli chiese: «Quali?». Gesù rispose: «Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, 19 onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso». 20 Il giovane gli disse: «Ho sempre osservato tutte queste cose; che mi manca ancora?». 21 Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi». 22 Udito questo, il giovane se ne andò triste; poiché aveva molte ricchezze.

Nella casa che ospitava i Padri a Passirano, il salone degli incontri era intitolato a p. Giovanni Santolini OMI, comunità di destinazione della sua prima obbedienza nel 1982 dove restò per 5 anni fino al 1987. Il 23 marzo di quest’anno ricorreva il 27° anniversario della sua salita al cielo.
Chi meglio di lui poteva dirci qualcosa sul significato di amare donandosi agli altri, andando oltre i propri desideri, perché Passirano prima e poi il Congo non erano nel circolo polare artico e non ci vivevano gli eschimesi. Così abbiamo pensato di prendere questa pagina, la 205, del libro di Fabio Ciardi “Per cantare al mondo il tuo amore”.
…In una lettera del 24 novembre 1991 a una sua sorella, sembra tracciare inconsapevolmente il proprio autoritratto: “Si arriva ad un certo momento che ci si trova a dover decidere non tanto su quello che vorremmo fare (perché quello resta sempre un ideale), ma su quello che possiamo fare, tenendo conto delle circostanze, delle possibilità reali che abbiamo e della realtà concreta che è la nostra. […] Se vuoi un vero rapporto con qualcuno non si tratta di desiderare quello che tu vuoi, ma quello che lui vuole,
entrare in comunione con un altro significa capire il suo stato d’animo, il suo mondo, le sue aspirazioni, i suoi problemi… significa preoccuparsi di lui e non di te.
Non cercare niente e vedrai che troverai.
Vivi la tua vita come una persona serena, realizzata, contenta di quello che ha scelto e di quello che ha fatto, senza complessi di colpa o di aver perso del tempo per delle cose inutili, senza sentirti meglio o peggio degli altri, ma come qualcuno che ha fatto le sue scelte, che sa quello che ha voluto, e che non si sente ancora arrivato, non si sente vecchio, che sente che la vita davanti a lui ha ancora molto da dirgli e da dargli; infatti, si riceve in proporzione a quanto si dona. Credo che un uomo diventi vecchio quando non ha più energie da sprecare, quando non ha più niente da raccontare, quando non ha più interessi da esplorare, quando tutto è già scontato per lui e non si aspetta niente di nuovo. In fondo la vita per lui non ha più la possibilità di dire niente e di dare niente.
Vivi bene quello che stai facendo con entusiasmo come hai sempre fatto, ma non in attesa di un “messia” che deve venire, e sempre aperta alla novità che la vita o Dio ti presenta ogni giorno, solo così non diventi vecchia, solo così puoi trovare l’inaspettato, l’incognito, perché solo così hai la capacità di scoprirlo. Resta aperta alla novità e vedrai anche nuove le persone che credevi di conoscere ormai fino in fondo.
Tutti siamo nuovi ogni giorno”

A Calcinato nel 1995, da giovani sposi “novelli” impegnati all’interno del nostro oratorio, vivemmo la prima missione popolare. Nonostante la titubanza vissuta durante l’annuncio, quello che caratterizzò i giorni dedicati alla missione fu un crescendo di gioia.
La cosa che in particolare ricordiamo è la visita di padre Ciro Andreozzi a casa nostra; con lui abbiamo percepito il “Gesù che bussa”. Per me e Dario fu davvero un bel momento di famiglia che ci fece scoprire una delle particolarità del carisma oblato: andare a cercare l’altro e viverlo nella sua quotidianità, entrando nella sua vita in punta di piedi, con rispetto.
La stessa esperienza la vivemmo nella missione del 2002: eravamo genitori di 2 figli piccoli, trasferiti da alcuni anni a Calcinatello e non ancora inseriti nella comunità parrocchiale e quella missione ci aiutò ad entrare in quella che era la nostra nuova realtà.
La comunità di Calcinatello visse un’esperienza insolita in quanto, essendo la chiesa in ristrutturazione, i momenti comunitari e liturgici furono celebrati sotto un grande tendone posto nello spazio esterno dell’oratorio. Anche durante quella missione notammo la particolarità del carisma oblato di andare a incontrare l’altro nel suo quotidiano.
Soprattutto ricordiamo due episodi: il primo, un pomeriggio mentre stavo andando alla scuola dell’infanzia a recuperare la nostra prima figlia, vidi padre Roberto Villa, seduto insieme ad un gruppo di ragazzi adolescenti su una panchina di un parco giochi, giocare e contemporaneamente dialogare con loro.
Il secondo fu più personale: durante la missione ci fu il sesto compleanno di nostra figlia Chiara e al termine di un momento celebrativo improvvisammo un invito alla sua festa di compleanno a padre Roberto Bassu e padre Luca Mancini. Fu molto bello vederli arrivare e giocare con i nostri figli e con gli amichetti invitati alla festa.

Questa missione fu quella che ci fece fare la scelta di seguire il cammino oblato e fummo così accolti dalla comunità di Passirano, che divenne anche la nostra Comunità dove abbiamo conosciuto e continuiamo oggi a vivere giornate di riflessione e incontro in un clima famigliare. Questo cammino ci ha portato a vivere anche l’esperienza di Vallada Agordina: luogo e momento per la nostra famiglia molto importante e bello, caratterizzato dall’incontro con padre Ettore Andrich e famiglie provenienti da varie parti d’Italia.

La terza missione nel 2015 a Calcinatello, da noi vissuta a distanza di 20 anni dalla prima, ci vide coinvolti come sposi un po’ più consolidati e genitori di 4 figli. Fu comunitaria ma anche unitaria perché venne richiesta dai parroci delle tre parrocchie confinanti (Calcinato, Calcinatello e Ponte San Marco) in vista della futura e ora attuale unità pastorale. Il momento che fu più caratteristico e che ricordiamo con gioia e commozione fu il pranzo in strada voluto dal nostro parroco del tempo, don Bernardo Chiodaroli. Lo ricordiamo come un momento molto bello: venne chiusa una parte della strada principale che attraversa Calcinatello e che passa proprio accanto alla chiesa e all’oratorio. In uno stile di condivisione si pranzò insieme come una grande famiglia.
Tutte le celebrazioni e i momenti comunitari furono molto partecipati e coinvolgenti, ma per noi non furono fini a sé stessi, fu come salire sul monte Tabor (per noi Vallada) e ricevere la carica per vivere la quotidianità, mettendo a frutto quanto ricevuto “il vostro posto è là in mezzo a loro”.
A nostro avviso la missione offre una grande opportunità di confrontarsi, guardare in faccia il nostro essere cristiani, interrogarci e ripartire nella quotidianità con sguardo diverso.
È lo straordinario, Gesù, che chiede di entrare nel nostro ordinario.
Sabina e Dario

  • Nella società dell’IO vale ancora la pena mettersi in gioco?
  • Siamo disposti a correre il rischio dell’amore degli altri?