V domenica del Tempo ordinario – Anno C
Letture: Is 6,1-2.3-8; Sal 137; 1Cor 15,1-11; Lc 5,1-11
Un giorno di 2000 anni fa, anno più anno meno, Simone il pescatore ebbe una giornata veramente pesante; dopo una notte di lavoro infruttuosa, dovette avere anche a che fare con uno scocciatore molesto e rompiscatole che si chiamava Gesù. Avrebbe fatto di tutto per allontanarlo da sé, ma non ci riuscì. Per fortuna, visto che quella fu la svolta della sua vita!
Mettiamoci per un attimo nei panni di Simone, che da lì in poi si chiamerà Pietro.
Alle prese con la stanchezza di una notte passata a lavorare in barca sul lago, con la delusione di non aver preso nulla, il ritrovarsi ancora lì a lavorare stanco, sfiduciato, deluso, con la seccatura di dover ancora lavare le reti; perché, si sa, anche se non prendi pesci, alghe, foglie e ramoscelli non te li leva nessuno. Si torna a casa tardi, oggi… e già pensa che a casa si sarebbe sorbito le lamentele per il mancato guadagno di quel giorno da parte di moglie e – soprattutto – suocera, per le quali la colpa non è e non può essere dei pesci, ma sempre della poca abilità del marito/genero.
Ebbene, Simone-Pietro, che un tipo tanto dolce non è, piuttosto burbero e ruvido come le sue mani da pescatore, si ritrova all’improvviso circondato da una folla che invade la “sua” riva, il suo molo dietro a questo “maestro”. Vabbè, oggi non è proprio giornata, non si può neanche finire di lavorare in pace!
Come se non bastasse, gli occupano pure la barca (“ma, visto che ci sono due barche, sto maestro non poteva andare sull’altra???”); e, dopo il discorsetto di turno (“eh, però sto maestro parla bene…”), si vede rivolgere l’assurdo invito di tornare a pescare fuori orario, risporcando le reti appena pulite.
Ha un gran mal di testa Pietro, e zero voglia. Probabilmente, asseconda Gesù più per buona creanza verso la folla (meglio non scontentare i clienti di domani…) che per convinzione, sperando che finisse presto quella seccatura e che tutti si togliessero dalle scatole! “Sono stato fuori tutta la notte e non ho preso niente. Ok, rimetto le reti in acqua; ti faccio contento; e voi avete sentito tutti, no? È lui che me lo chiede… stavolta se non si prende niente non dite che è colpa mia! Sulla tua parola getterò le reti… così ti dimostro che non funziona. Ma poi ve ne andate tutti e mi lasciate tranquillo, eh?”
E invece, la pesca è abbondante e miracolosa; le reti si riempiono fino a stracciarsi, le barche fino ad affondare.
A quel punto, qualcosa cambia anche in Pietro. Si affaccia l’idea che quel personaggio è davvero “grande”. E ne rimante atterrito perché vede lo scarto tra sé e Lui.
A questo punto, e solo a questo punto, Pietro trova il coraggio di dirgli di allontanarsi. Non l’ha fatto quando rappresentava semplicemente una scocciatura, un contrattempo, ma quando ne vede la grandezza. Quando quella verità lo fa sentire piccolo.
Fin quando si tratta di assecondarlo, non ci vuole niente. Solo la pazienza di superare un po’ di seccatura.
Quando Pietro vede però che quel personaggio è uno che “può”, allora ne ha paura. Perché quella grandezza potrebbe coinvolgerlo, comprometterlo; e lui si sente manchevole, inadeguato, inadatto. Ha paura di fallire; si scopre deficitario. Come lo studente che non ha fatto i compiti e scopre che proprio quel giorno il professore interrogherà.
Il primo passaggio di Pietro, in questo percorso, è “dall’assecondare al temere”. E spesso lo facciamo anche noi. Assecondiamo Dio anche quando ci può dare un po’ di fastidio, ma in fin dei conti è meglio così… almeno è gestibile, controllabile.
Quando però Pietro capisce che non riesce più a controllare né la persona, né la situazione, sguscia via.
“Allontanati da me! Non ti mettere con quelli come me! Sono un peccatore!”… Come se Gesù non lo sapesse! “Pietro, in verità sei ancora più peccatore di quanto immagini. Sei talmente peccatore che un giorno mi rinnegherai!”, avrà pensato, sorridendo, il maestro.
Ma la grandezza di Dio non lo schiaccia. Gesù lo invita ad essere partecipe di questa grandezza: “Pietro, da oggi farai con gli uomini, con la Chiesa, ciò che sei abituato a fare con il pesce; sei chiamato a raccoglierli, a metterli insieme, a pescarli. A volte ci riuscirai, altre no… ma se confidi in me, la pesca sarà abbondante”.
Il secondo passo: da “temerlo a seguirlo”. Pietro e gli altri lasciano tutto così, in disordine (in fondo sono uomini…), anche le reti sporche, e lo seguono.
La verità è che Dio sceglie spesso i peggiori, quelli da cui non ci caveresti un ragno dal buco. Dio invita tanti (direi tutti) a prendere la barca e salire, e a pescare con Lui. Ma tanti, troppi, si lamentano che non sono buoni, che non sono adatti, che non è il caso, che non se la sentono, che è troppo tardi, che è troppo presto, che non è una buona idea, ecc, ecc, ecc… Ok; ma se tutti si lamentano, chi salirà su quella barca? Chi andrà a pesca di tanti uomini che sono lì fuori? Chi riempirà le reti di Dio?
Il problema non è conoscere se stessi e i proprio limiti; questo è giusto, va fatto, è doveroso; il vero problema è conoscere Gesù! Se conosci Gesù, non c’è problema! Lui ci vede lungo… e vede anche i tuoi limiti; ma soprattutto vede OLTRE quei limiti.
È sempre così nella storia; l’abbiamo visto anche per gli altri due personaggi delle letture di oggi. Isaia, Paolo, Pietro… chi dice che è impuro, chi si definisce addirittura un aborto, chi è troppo peccatore… e basta con il piangersi addosso! Basta cercare scuse! Gesù ti dice di prendere il largo… e fallo una buona volta!
Certo che noi uomini ce le inventiamo tutte! Anche il nostro peccato lo facciamo diventare una giustificazione di comodo, per non metterci in gioco fino in fondo.
Ora, se c’è una cosa che ci riesce bene, che sappiamo fare alla grande, è proprio il peccato; non abbiamo bisogno di scuole particolari per peccare bene. Come se Gesù non lo sapesse.
Siamo “peccatori di uomini”, dei gran pezzi di “peccatori di uomini”.
Bene. Dio ci chiama ad essere “pescatori di uomini”.