Domenica delle Palme – Anno C
Letture: Is 50,4-7; Sal 21; Fil 2,6-11; Lc 22,14-23,56
La liturgia della domenica delle palme è come la porta d’ingresso per entrare in un’esperienza particolare e straordinaria: la settimana più importante della vita di Gesù e, quindi, per la nostra fede. È come se fosse “l’inizio della fine”, inizio del compimento di un destino che Gesù aveva già in precedenza liberamente e volontariamente accettato e scelto.
La seconda parte del Vangelo di Luca è la descrizione del viaggio che Gesù compie dalla Galilea a Gerusalemme; un cammino che Gesù intraprende con risolutezza cominciando ad intuire quale sarà la sua meta finale. Un viaggio – lo dice chiaramente per ben tre volte ai suoi discepoli – che lo porterà ad essere accusato ingiustamente, ad essere arrestato, torturato, condannato a morte, a salire su una croce e poi risorgere.
Gesù, entrando in Gerusalemme, segna così un punto di non ritorno: ciò che aveva preannunciato si compirà da lì a poco.
Inizia per lui una settimana confusa e contraddittoria; da parte delle folle – probabilmente dalle stesse persone – Gesù riceve lode (“Osanna al Figlio di Davide”, gli gridano) e disprezzo (“Crocifiggilo, crocifiggilo!”); lui stesso passa dall’esaltazione all’angoscia più cupa, da grandi speranze a grandi delusioni. Avrà tanti incontri bellissimi, descritti soprattutto dall’evangelista Giovanni, ma vivrà anche scontri aspri con i suoi detrattori. Dai suoi amici più intimi riceverà promesse roboanti e tradimenti cocenti. E, alla fine, il paradosso di vedere un malfattore cui viene promesso il paradiso, e quelli che noi oggi veneriamo come santi (ed è giusto così!) rinnegare vigliaccamente.
In tutto ciò, c’è la caparbietà di Gesù, la sua ferma determinazione; una “santa testardaggine” che lo fa tirare dritto e andare avanti.
Caparbietà però che, in un momento particolare, sembra vacillare: Gesù si rende conto che ciò che lo aspettava sta per succedere davvero, e accadrà da lì a poche ore; e questa cosa lo spaventa. È il momento in cui si ritrova nell’orto degli ulivi a pregare; un momento di grande solitudine, visto che anche gli amici su cui confidava per ricevere sostegno in quella situazione così delicata lo lasciano solo.
Gesù è di fronte al suo futuro, e questo gli fa paura.
Così paura che, per la tensione, gli si rompono i capillari della fronte e sembra sudare sangue.
Gesù prega che questo destino si allontani da lui; forse vuole altro tempo, o forse semplicemente ciò di cui ora si rende conto lo spaventa così tanto che vorrebbe evitarlo. Sappiamo che il Padre non gli eviterà ciò che Gesù aveva scelto; ma in quella frase che Luca sembra quasi gettare lì, per cui “gli angeli vennero a consolarlo”, capiamo che se anche Dio non gli ha cambiato il destino, ha preso sul serio la sua preghiera, dandogli tutta la forza necessaria per vivere ciò che lo aspettava.
L’immagine di Gesù nell’orto degli ulivi, di un Dio che ha paura per il suo futuro (che paradosso!), appartiene sicuramente anche alla nostra esperienza, e possiamo farla nostra.
Quante volte anche noi ci guardiamo attorno, proiettando in avanti le situazioni che viviamo; e ciò ci spaventa a morte! Ci spaventa il futuro e le sue incognite, l’incertezza che deriva da certe situazioni, le conseguenze che la vita ci riserverà. E quanta paura ci assale!
La notizia di una malattia, per esempio: “ce la farò a sopportarla? Sarò capace di vivere il dolore? Guarirò? Soffrirò? Morirò? Che sarà di me?”; oppure un lutto, come la morte di un genitore: “come faremo ora? Chi ci guiderà? Ci perderemo? Chi ci consiglierà?”. Ma ciò vale non solamente per le cose brutte, ma per ogni cosa che sappiamo di non poter evitare; anche le cose belle!
La nascita di un figlio, per esempio: “sarò un buon genitore? Saprò educarlo? Ce la farò a renderlo felice?”; oppure la scelta di sposarsi: “saprò prendermi cura di mio marito o mia moglie? Saprò essere fedele? Saprò sostenere la famiglia?”. Oppure uno studente che deve affrontare l’ultimo esame, e di fronte all’ostacolo finale ha paura che tutto sia stato vano: “ce la farò a superare l’esame di stato? Tutto il tempo passato sui libri sarà stato utile? E tutti i sacrifici affrontati… ne sarà valsa la pena?”
La nostra fortuna è che non siamo soli in quest’esperienza di preoccupazione e paura di fronte al futuro; c’è un Dio che è passato per quest’esperienza, e che può comprendere la tua angoscia. Lui che, come sottolinea Luca con una pennellata grandiosa, “ha lottato” contro questa paura del futuro.
Magari Dio non ci cambierà il futuro (…anche perché alcune cose sono oggettivamente immodificabili…), ma scenderà nell’Arena combattendo al nostro fianco.
Assicurandoci, soprattutto, tutta la forza necessaria per vincere la battaglia.