Tratto da: “Un anno con S. Eugenio e i suoi Oblati” di p. Fabio Ciardi. 6 aprile.
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L’accostarmi con frequenza al sacro Corpo e al prezioso Sangue di Gesù Cristo mi impone l’obbligo:
– di vivere nel raccoglimento, interiore s’intende, a tu per tu con lo Sposo della mia anima, che si degna di prenderla come sua permanente abitazione;
– di richiamarmi spesso alla memoria gli enormi peccati della mia vita passata perché, a forza di detestarli, possa liberarmene sempre più, offrendoli, af evoliti dalla penitenza, a Gesù Cristo perché li distrugga completamente, li consumi una volta per sempre nel fuoco ardente del suo amore divino che risiede nel suo cuore adorabile;
– di evitare con scrupolosa attenzione ogni genere di mancanza volontaria, per quanto piccola possa sembrare, per il solo motivo che ciò rattrista il mio Dio, l’amato del mio cuore, che ha fatto in me e per me cose così grandi;
– di non accontentarmi di compiere i principali ed imprescrittibili doveri del mio stato, ma abbracciare con gioia e con forza tutte le pratiche di virtù e di penitenza che mi potranno aiutare a progredire nella perfezione, da cui sono ancora così spaventosamente lontano; tendere, in una parola, verso quella perfezione come fosse il mio ambiente naturale, ed essere fortemente convinto perciò che qualunque azione, qualunque pratica, per quanto piccola, futile, banale, puerile o comune possa sembrare, mi dev’essere utile per avanzare anche solo di un millimetro in questa strada benedetta; io non devo considerarla dall’alto in basso, ma devo coglierla con gioia, come un mezzo che la divina e paterna Provvidenza del mio Dio mi offre per uscire dal mio stato di tiepidezza e per aiutarmi a spiccare il volo verso di Lui.
(Eugenio de Mazenod, Appunti “Sulla comunione frequente”, databili al periodo del seminario: 1808-1912)