Nella copertina dell’edizione francese figurava l’icona dei discepoli di Emmaus, un racconto del Vangelo molto significativo per la missione perché simboleggia, tra l’altro, la Chiesa che si evangelizza per evangelizzare
La riproduzione di quell’incontro tra Gesù e i due discepoli, realizzata da un artista anonimo congolese su rame colorato, si ergeva su una foto delle cime delle Ande al tramonto, scattata da fr. Mateo, un religioso argentino, mio stretto collaboratore nell’ideazione della copertina. Il montaggio voleva rappresentare il mondo che invoca: “Resta con noi Signore perché si fa sera!” mentre i due discepoli erano coloro che si lanciano nella missione, dopo aver sperimentato la grazia gioiosa della presenza di Cristo morto e risorto in mezzo a loro, nutriti del pane della Sua Parola e dell’Eucaristia
Il libro, in occasione della sua presentazione a Kinshasa, destò un buon interesse tra addetti ai lavori e laici convenuti. La cosa si ripeté durante la sua piccola tournée di presentazione, soprattutto nelle due università teologiche, protestante e cattolica, di Kinshasa. Sembrava che il libro avesse da dire qualcosa di nuovo e d’importante per l’avvenire della missione.
Fu così che si affermò l’idea di una sua edizione a vantaggio dello spazio italiano, in uscita nella nostra lingua presso l’Editrice Missionaria Italiana (EMI), con un nuovo titolo: “La missione crea comunione. Dall’Africa un nuovo paradigma per l’annuncio”.
In copertina è raffigurato un grande albero (Cristo in mezzo a noi?) alla cui ombra, simboleggiante la scuola del Maestro (la Chiesa?), si riunisce un gruppo di persone in attesa di “uscire” in missione per farLo conoscere agli altri, come voleva il Fondatore degli Oblati.
Lo sappiamo: come poter far conoscere agli altri Gesù se noi non l’abbiamo mai incontrato, ascoltato, capito? Come farLo conoscere e come far conoscere l’amore di Dio di cui Lui è portatore se noi non abbiamo vissuto alla sua presenza insieme agli altri nostri fratelli in Cristo?