“La missione fa la Chiesa e la mantiene fedele al volere salvifico di Dio”. Così papa Francesco ai partecipanti all’Assemblea delle Pontificie Opere Missionarie, lo scorso mese di maggio. In effetti è proprio così: la missione è costitutiva della Chiesa, è nella sua natura. Come ci dice il Concilio Vaticano II, la chiesa esiste per continuare nello spazio e nel tempo l’opera salvifica iniziata da Cristo. E ogni volta che si allontana da questo fulcro identitario rischia di smarrire rovinosamente se stessa diventando, nelle sue varie componenti, preda delle “cose del mondo”.
L’ottobre missionario di quest’anno mette al centro della riflessione e della prassi il tema della misericordia che ci accompagna nell’anno giubilare che si avvia a conclusione. I missionari sono in tanti angoli del pianeta portatori della misericordia di Dio attraverso l’evangelizzazione, i progetti sanitari, sociali, agricoli e scolastici. Ma lo sono soprattutto nel dialogo interpersonale quando, capaci di andare al di là di convenienze, tempi e ragionamenti, sanno fermarsi ad ascoltare e dialogare. Fratelli tra fratelli, amici, buoni vicini, portatori di una vita, di una Persona, di una Parola. E così è possibile incontrare chi si china sugli ammalati e sui disabili, chi insegna teologia alle nuove generazioni sacerdotali del sud del mondo, chi fa chilometri ogni domenica per andare a celebrare messa, chi impiega il suo tempo con i giovani delle grandi periferie del mondo, povere e apparentemente senza speranze. Tutti con la coscienza che se da una parte si fanno sacrifici (a volte davvero tanti), dall’altra si riceve molto dagli altri, soprattutto dagli ultimi.
A noi che viviamo i problemi della Penisola e del continente europeo, (a volte banali, ma a volte veri e propri drammi), che iniziamo un nuovo anno sociale e pastorale dopo un’estate difficile. A noi che siamo spesso ripiegati su noi stessi con una certa paura, queste vite donate a Dio e ai poveri, questi volti della misericordia, sembrano piuttosto improbabili. Un monito sano a vivere con attenzione agli altri, apertura alla vita, sobrietà nell’uso dei beni, fede cristallina. Ci evangelizzano, i missionari, con il solo esistere, prima ancora del loro “fare” o “dire”. Ci annunciano ciò che conta, quello che rimane e che “tignuola e ruggine” non riescono a corrompere. Testimoni silenziosi, nella maggior parte dei casi, di un mondo altro, di un Altro e della sua misericordia che ci rende figli e fratelli.
(editoriale di Pasquale Castrilli omi, tratto da MISSIONI OMI 10/2016)