Le parole del Vangelo che abbiamo appena ascoltato sono il cuore della nostra vita. Siamo missionari, inviati ad annunciare la Buona Novella al mondo intero. Gesù ci benedice e ci affida di nuovo il suo mandato missionario.
Questa meravigliosa celebrazione ci raccoglie come famiglia che vive il carisma oblato, un carisma missionario, ispirato dallo Spirito Santo attraverso la visione di sant’Eugenio de Mazenod e assistito dalla sapienza concreta del padre Tempier. I primi membri di questa società missionaria si sono riuniti insieme duecento anni fa, il 25 gennaio 1816, festa del grande Apostolo san Paolo, missionario delle genti.
Sono contento di essere con voi a celebrare non soltanto i 200 anni del carisma oblato ma soprattutto l’espressione vivente di questo carisma che vedo qui davanti a me in tutti voi che siete raccolti in questa basilica. Le vostre vite in comunità apostoliche e il vostro impegno nell’annuncio del Vangelo ai poveri sono motivi per celebrare con gioia e gratitudine! Voi incarnate il carisma di sant’Eugenio come missionari in modi così diversi e così belli e in contesti così difficili. È meraviglioso!
Vorrei ora invitarvi a guardarvi attorno. Chi siete, voi che siete qui? Vedo giovani e meno giovani, uomini e donne, coppie e famiglie intere, individui e persone che hanno perso il coniuge, in un modo o in un altro. Ci sono persone consacrate, Fratelli e sacerdoti. Ci sono donne consacrate che appartengono a Istituti secolari. Ci sono laici membri di gruppi strettamente associati agli Oblati. Ci sono amici e parenti degli Oblati. Il carisma di sant’Eugenio, molto vivo in tutti voi, ci ha raccolti qui.
Alcuni di noi sono stati insieme due giorni per un evento meraviglioso. Molti altri sono venuti per celebrare questa Eucaristia qui in questa Basilica. Guardatevi intorno! Salutatevi gli uni gli altri! Potete anche abbracciarvi!
Oggi vogliamo ringraziare per il carisma che ci ha trasmesso sant’Eugenio e chiediamo la grazia di impegnarci ad incarnarlo ancora più fedelmente nelle nostre vite. Celebriamo questo speciale anniversario con la Messa della conversione di san Paolo. Siamo qui nella basilica dedicata a san Paolo, per due motivi: primo, perché sant’Eugenio ha iniziato la società dei Missionari di Provenza nella festa di san Paolo nel 1816; secondo, perché Eugenio de Mazenod è stato considerato un secondo san Paolo, con un cuore missionario per portare il Vangelo di Gesù Cristo a tutte le nazioni! Inoltre, sappiamo che anche sant’Eugenio è stato qui, in questa basilica!
Vorrei ricordare le parole di monsignor Berteaud di Tulle, in Francia, a monsignor Bettachini di Colombo che chiedeva missionari per il Ceylon. Cito: “Va’ a Marsiglia, lì troverai un vescovo la cui Congregazione è ancora piccola, ma lui ha un cuore grande come quello di san Paolo, grande come il mondo. Va da lui e fagli presente che si tratta della salvezza di quei poveri, di quelle anime povere – insisti su questo punto! Quando sentirà queste parole non saprà resistere”. Fine della citazione. (Lettere, vol. 4, p. XXIII, testo di p. Yvon Beaudoin). Possiamo sentire il cuore di sant’Eugenio: un cuore missionario centrato sul Vangelo, un cuore per i poveri, un cuore per Gesù. Il suo cuore, come ebbe a dire monsignor Berteaud, era un cuore grande come quello di san Paolo. L’immensità di questa basilica e la sua bellezza mi aiutano ad immaginare i cuori grandi di Paolo e di Eugenio, innamorati di Gesù e del suo Vangelo.
La Parola di Dio oggi ci apre lo sguardo sull’immensità dell’amore nel cuore missionario di san Paolo e ci aiuta a comprendere perché il cuore di sant’Eugenio era così grande e così missionario. Il racconto del radicale cambio di rotta di Paolo nelle sue convinzioni è il frutto dell’esperienza da lui fatta con Gesù sulla via di Damasco. Abbiamo sentito della sua impeccabile adesione al Giudaismo e come il suo fervore religioso l’avesse portato a combattere i seguaci della “Via” con grande energia e zelo. Poi, sulla via di Damasco, verso mezzogiorno, abbagliato da un’improvvisa grande luce, cadde al suolo e sentì una voce.
La vita di Paolo fu totalmente trasformata dal suo incontro con il Figlio di Dio che, come dirà lui stesso più tardi, “… mi ha amato e ha consegnato sé stesso per me…” (Gal 2, 20). In Gesù di Nazareth Paolo incontrò il Messia, “… il quale, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò sé stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini” (cf. Fil 2, 6-11). Paolo incontrò il Signore Risorto, Gesù, e scoprì che Gesù s’identificava con la gente che lui stava perseguitando! La conversione di Paolo fu una forte rivoluzione spirituale in cui l’immagine di Dio che aveva avuto fino a quel momento subì una trasformazione. L’incontro con Gesù gli fece scoprire la grazia, la libertà e l’amore.
Come san Paolo, anche Eugenio ebbe la sua vita capovolta quando incontrò il Crocifisso. Dopo un’adolescenza tumultuosa, trascorsa in esilio in terra straniera, tornò in Francia e si mise in cerca di un significato per la sua vita. La luce del Crocifisso cadde su di lui e gli fece incontrare un Salvatore che lo amava e che aveva dato la vita per lui. Non fu Eugenio ad andare incontro a Gesù, fu il Salvatore che afferrò Eugenio di sorpresa e gli rivelò, dalla croce, la sua misericordia, la sua compassione e la sua tenerezza. Quell’esperienza fu per lui il punto culminante nella sua lunga ricerca di significato per la sua vita irrequieta. Nell’incontro con il Salvatore, Eugenio scoprì la chiamata a diventare sacerdote e servo dei poveri.
Nella conclusione del vangelo di Marco, gli Undici sono inviati al mondo per proclamare ciò che hanno visto e udito. La loro missione è rivolta verso i poveri, coloro che soffrono, che sono tenuti in schiavitù dal male, i malati e gli emarginati. L’esperienza di aver vissuto e di aver accompagnato Gesù è il motore della missione. La conoscenza personale dell’amore misericordioso di Dio non può essere trattenuta. Si espande, irradia verso l’esterno, dev’essere annunciata, deve portar frutto! Ecco due dimensioni essenziali del nostro carisma oblato: il profondo e personale rapporto con Gesù e la missione di condividere la Buona Novella attraverso l’annuncio del Vangelo ai poveri e ai più abbandonati. Il rapporto con Gesù genera la missione, la missione è la proclamazione dell’esperienza di aver conosciuto Gesù. La parola di Dio ci mostra questo nella vita di Paolo ed è quello che vediamo anche nella vita di sant’Eugenio.
Fin dall’inizio della nostra fondazione 200 anni fa, ci fu un’altra dimensione essenziale per i Missionari di Provenza: l’essersi riuniti in comunità. Scrivendo su quel giorno famoso, il 25 gennaio 1816, lo storico oblato Michel Courvoisier afferma: “Colpisce il fatto che la richiesta (fatta dai primi Missionari di Provenza) rivolta alle autorità della diocesi metta la vita in comunità al primo posto” (p. 126). Per tutta la sua vita Eugenio ha insistito sulla dimensione comunitaria del carisma, anche di fronte a richieste missionarie esigenti. Conserviamo questo spirito nelle nostre Costituzioni: “La comunità degli Apostoli con Gesù è il modello della loro vita. Egli aveva riunito i Dodici attorno a sé per farne i suoi compagni e i suoi inviati” (C 3). Il vangelo di oggi mette la comunità al servizio della missione.
La forza per seguire Gesù, per vivere in comunità e per proclamare il Vangelo viene da Gesù. È lui che ci dà lo Spirito, che ci dà la forza. La nostra fede ci assicura che lo Spirito Santo è in azione e presente nel cuore del mondo e che prepara i popoli ad accogliere il Vangelo. Dobbiamo ricordarci spesso che a Dio sta a cuore, più ancora che a noi, che i poveri ricevano l’annuncio della Buona Novella. Se guardiamo il mondo attraverso gli occhi del Salvatore crocifisso, non saremo scoraggiati dalle molteplici sfide che incontriamo, ma saremo riempiti di amore per rispondervi. Siamo missionari che vivono animati da un’immensa speranza nel potere di trasformazione dello Spirito che opera attraverso piccoli gesti e azioni semplici. Ci ricordiamo del granello di senape e del lievito nella pasta?
Dobbiamo essere coscienti che la missione non ci appartiene, che non dipende da noi. La missione è l’opera della Santa Trinità. Non è nostra responsabilità renderla fruttuosa. Certo, dobbiamo lavorare duro e faticare per dare il meglio di noi. Dobbiamo prepararci bene e cercare maniere creative per presentare il Vangelo ai poveri di oggi. Ma non possiamo perdere di vista la grande prospettiva e ridurre la missione di Dio ai parametri dei nostri piccoli progetti, a un ministero di cui tendiamo ad impadronirci. Dobbiamo chiederci se facciamo la missione da servi dell’opera di Dio o per ciò che ne possiamo ricavare personalmente.
Guardando a voi, missionari impegnati, vedo il carisma di sant’Eugenio vivo e forte! In voi, sacerdoti, Fratelli, numerosi laici collaboratori, membri di Istituti secolari e religiosi associati al carisma oblato, la Provincia Mediterranea ha una grande benedizione. Siete uomini e donne che hanno incontrato Gesù Cristo lungo il loro cammino in così tante esperienze di conversione che risuonano nell’esperienza di Paolo e di Eugenio de Mazenod. Voi vivete in modi così diversi la chiamata alla comunità apostolica secondo la vostra particolare vocazione, mentre cercate di rispondere ai segni dei tempi in quest’epoca di grandi sfide.
Miei fratelli Oblati, e voi tutti che siete associati al carisma oblato, voi vivete il carisma di sant’Eugenio con uno spirito apostolico autentico attraverso il vostro ministero con le famiglie, con i giovani, con le missioni popolari, nelle parrocchie, nel campo dell’educazione, della salute, con i migranti e i rifugiati, nel campo della formazione, nel servizio dell’autorità e in tanti altri ministeri. C’è una stretta e meravigliosa collaborazione tra molti laici e membri consacrati di Istituti secolari che sono qui presenti oggi. Se consideriamo le fatiche missionarie di voi tutti che siete qui oggi, possiamo testimoniare che i segni e le meraviglie di cui abbiamo sentito nel Vangelo di oggi continuano ad accompagnarvi nel vostro cammino!
Miei fratelli e sorelle, non lasciatevi scoraggiare dal peso delle difficili situazioni che ci troviamo ad affrontare, sia nella Chiesa che nel mondo o nella natura. Dio è veramente presente tra noi. Lo Spirito è all’opera, nel cuore della società. Rimaniamo svegli, in preghiera, con il cuore gioioso, e cerchiamo di comprendere a quale missione il Signore ci chiama. Non abbiate paura di fare qualcosa di nuovo, di tentare vie nuove, di lasciare il vecchio per fare qualcosa che potrebbe perfino sembrare pazzo! Come san Paolo che cadde a terra, a volte i nostri modi tradizionali di fare missione devono andare in frantumi per lasciare che ne venga fuori qualcosa di nuovo.
Vorrei ringraziarvi per il vostro impegno a vivere il Vangelo nello spirito di sant’Eugenio. Diciamo un grande grazie alla Santa Trinità per aver suscitato sant’Eugenio e per averlo ispirato a dar vita al carisma oblato. Chiediamo alla nostra Madre celeste di aiutarci a vivere questo carisma missionario con una speranza e una gioia rinnovate. Le sue preghiere e il suo esempio ci aiutino tutti a riempirci della carità e dello zelo di sant’Eugenio.
Sia lodato Gesù Cristo, e Maria Immacolata!
p. Louis Lougen
Superiore generale dei Missionari Oblati di Maria Immacolata