Giunto in terra venezuelana da un paio di anni, dopo un lungo tempo di missione in Romania, p. Sante Ronchi è l’unico oblato italiano presente in questa missione della Provincia oblata mediterranea. Sta vivendo in prima persona i drammatici momenti di sofferenza che il popolo del Venezuela patisce da ormai diversi anni.

In Italia giungono notizie allarmanti sulla situazione sociale in Venezuela. Che aria si respira attualmente? Cosa significa per la gente nel quotidiano?

Per coloro che non lo sanno, in Venezuela al potere si trova il chavismo (da Ugo Chavez, morto poco più di tre anni fa). Chavez, prima di morire, indicò Maduro come suo successore, che quattro anni fa venne eletto presidente per sei anni, sebbene di misura. Il chavismo è, per intenderci, analogo al castrismo di Cuba, e ha come ideale l’instaurazione del socialismo del XXI secolo, promuovere l’eguaglianza e l’attenzione ai poveri. Potremmo dire che, a parole, si avvicina allo spirito del Vangelo. Nella pratica, le cose sono piuttosto lontane dall’ideale. È vero che in questi 17 anni si sono costruite molte case per chi non le aveva, aperti ambulatori nei barrios e che tutta una serie di beni hanno il prezzo controllato dallo stato: benzina quasi gratis, elettricità, acqua, gas e telefono anche, almeno comparato con i costi ai quali siamo abituati. Una serie di alimenti base (farina di mais, olio, riso) sono (o meglio erano) a prezzi bassissimi. Tutto questo utilizzando i proventi della vendita del petrolio, del quale, si dice, il Venezuela possiede la maggiore riserva mondiale. Molti problemi che già esistevano (come la corruzione a tutti i livelli fino alle alte cariche del governo, o la criminalità rampante) si sono aggravati a dismisura con la caduta dei prezzi del petrolio.

Non ci sono più le risorse per acquistare all’estero ciò che serve, dato che la produzione locale copre solo un’infima parte delle necessità del paese, dopo che le fabbriche nazionalizzate, come spesso succede, o hanno dovuto chiudere o lavorano poco e male. In questi ultimi tre anni ciò ha causato la penuria di generi di tutti i tipi, e tra questi quelli che maggiormente incidono sono gli alimentari e i medicinali, costringendo la gente a lunghe code per poter accedere ai po- chi prodotti disponibili a prezzo ridotto. Il governo (come fanno del resto tutti i governi) non assume le proprie responsabilità, e dà la colpa ad una supposta “guerra economica” promossa dall’opposizione e sostenuta dai paesi capitalisti, in primo luogo dall’Impero (gli Stati Uniti). Dal punto di vista politico, le elezioni per il parlamento del dicembre 2015 hanno visto la vittoria dell’opposizione, però con una serie di manovre e sotterfugi il governo è riuscito a neutralizzare ogni mossa degli avversari, specie per mezzo dell’appoggio delle forze armate, sebbene ovviamente la popolarità del presidente Maduro sia ora molto bassa. In pratica, anche se di sinistra, è difficile vedere come il governo si possa distinguere da uno fascista e da quello di uno stato totalitario, dove l’opposizione viene perseguita, incarcerando i leader più in vista, e democrazia è una parola da utilizzare negli infiniti discorsi a reti unificate del presidente. Ai problemi di sempre si sono aggiunti ora altri e tra questi il peggiore è l’inflazione (si stima attorno al 700% e prevista in 1.600% dal Fondo monetari internazionale quest’anno). Un dollaro al mercato nero si comprava due anni fa con 250 bolivares, ora ne occorrono 3500. Questo provoca aumenti a dismisura, tutto fuorché gli stipendi, al punto che anche professionisti come medici o professori universitari non sanno come arrivare a fine mese. La gente è arrabbiata e abbattuta. Al momento non si intravedono soluzioni, ma resta il pericolo di una scintilla che faccia scoppiare la pressione. Occorre dire che anche l’opposizione, costituita dall’unione di vari gruppi, non riesce a sfruttare gli elementi a suo favore, a motivo delle divisioni interne.

La Chiesa venezuelana come riesce ad intervenire nello stato attuale delle cose?

Il 15 gennaio abbiamo letto alle messe domenicali l’esortazione pastorale della Conferenza episcopale venezuelana, in cui si parla dell’oscuro panorama de Venezuela, in termini molto critici verso l’attuale governo, colpevolizzandolo per le molte cose che fa nell’ottica di uno stato totalitario e per le molte che non fa, non riconoscendo che è la gestione del potere alla radice dei problemi. Tra l’altro chiede, oltre alla liberazione dei prigionieri politici, che il governo permetta l’arrivo di aiuti internazionali, cosa finora rifiutata, perché sarebbe come ammettere la gravità della situazione. La chiesa mette a disposizione tutte le sue strutture, per rendere possibile la distribuzione. Non occorre dire che il governo, con quella parte di popolazione – stimata attorno al 20% – che lo appoggia, non ha gradito tale intervento, che ripropone più o meno tutte le critiche dell’opposizione. Un inviato del papa ha tentato di mediare tra governo ed opposizione, con scarsi risultati, essendo stato il dialogo utilizzato dal governo principalmente per temporeggiare nel tentativo di recuperare il terreno perduto, puntando in particolare sulla ripresa del prezzo del petrolio.

In che modo i cristiani fanno la differenza nelle piccole situazioni della vita?

Il Venezuela è nella stragrande maggioranza cristiano, predominantemente cattolico anche se con la presenza di sette di tutti i tipi. Parlare della reazione dei cristiani equivale pertanto a vedere come reagisce la gente in generale. Da questo punto di vista, uno degli strumenti maggiormente utilizzati sono le reti sociali: tramite whatsapp o altro compare, per esempio, la richiesta di un determinato medicinale. Risponde qualcuno che lo possiede e non lo utilizza (perché chi lo usava magari nel frattempo è deceduto). Un’altra situazione la posso osservare quando esco alle cinque della mattina per un fare un po’ di movimento e vedo una coda di fronte ad un determinato supermercato, dove il giorno prima non c’era nessuno: stanno aspettando (al buio) che apra alle sette, poiché si sono passati la voce che è arrivato un cari- co di prodotti a prezzo regolato. Chi si mette in fila più tardi rischia, dopo quattro o cinque ore di attesa, di sentirsi dire che la farina, l’olio o il sapone sono terminati.

Come si collocano gli Oblati in Venezuela. Che significato ha la presenza di Oblati di provenienza internazionale?

In Venezuela i Missionari Oblati di Maria Immacolata sono presenti da 25 anni. Una piccola presenza, dipendente dalla Provincia mediterranea. Siamo 8 Oblati, distribuiti in 3 comunità: 4 spagnoli, un polacco, un congolese, un venezuelano ed un italiano (il sottoscritto). Siamo incaricati di 3 parrocchie in ambienti tra loro diversi. Io mi trovo alla periferia di San Cristobal, vicino al confine con la Colombia a 1000 metri di altitudine, assieme ad altri due e ad alcuni giovani che si interrogano sulla loro vocazione. La parrocchia ha circa 28mila abitanti. Un’altra parrocchia è situata a due ore da qui, con due Oblati, nella pianura a lato delle Ande. Una terza è vicino alla capitale Caracas in un grande barrio, con tre Oblati, uno dei quali è il vescovo p. Ramiro, 83 anni, in pensione come vescovo, ma attivo come Oblato in parrocchia. L’internazionalità delle nostre comunità è un fatto sul quale raramente ci si sofferma, essendo cosa normale per dei missionari. Risaltano molto più le differenze caratteriali che le culturali. Anche con la gente non saprei dire il peso che possa avere l’appartenenza ad una o altra nazionalità: quello che più spesso si nota sono aneddoti che si pro- ducono, per esempio quando la gent si lamenta perché fa freddo (quando ci sono 18 gradi) e p. Rafael spiega che in quel momento a casa sua, in Polonia fa più freddo che non nel congelatore che hanno loro in casa (ammesso che lo abbiano)!

(Intervista di Angelica Ciccone, tratta da Missioni OMI 6-7/2017)


Incoraggiare la speranza

La missione del cristiano, in ogni circostanza, annuncia il Dio della vita e trasforma la cultura della morte in cultura della vita. È necessario generare gesti coraggiosi e iniziative innovative che incoraggino la speranza contro ogni speranza (cfr Rm 4,18), per costruire una libera, giusta e fraterna convivenza; È un compito che riguarda tutti noi, ciascuno secondo la sua posizione. Si tratta di una responsabilità ineludibile perché davanti al male non si può rimanere semplici spettatori. L’invito è quello di essere protagonisti del presente e del futuro del nostro amato paese. I bisogni urgenti degli individui, delle famiglie e delle comunità chiedono risposte immediate da parte delle autorità. A questo punto è necessario che lo Stato venezuelano accetti gli aiuti internazionali offerti da vari paesi e organizzazioni. La chiesa mette a disposizione la sua infrastruttura organizzativa (diocesana, parrocchiale, comunità ecclesiali, la Caritas e altre agenzie) per aiutare ad affrontare le carenze di molti uomini, donne e bambini a rischio. Ci sono molte altre istituzioni e iniziative private disposte a contribuire al bene di tutti. È urgente intraprendere tutte le azioni che portano al superamento della crisi nel paese: riattivare l’apparato produttivo garantendo lo stato di diritto, la ricostruzione del tessuto sociale fratturato, l’etica, i valori personali, familiari e comunitari, promuovere l’onestà e la responsabilité nella vita pubblica, promuovere la riconciliazione tra persone e gruppi e, in ultima analisi, rinnovare l’intera vita del paese.

Dall’esortazione della Conferenza episcopale del Venezuela, 13 gennaio 2017