Ci è piaciuto pensare, nell’anno del centenario della nostra rivista, che tra gli autori di un secolo ci sia stato anche un santo. Padre Mario Borzaga (1932-1960) nei pochi anni di missione in Asia, in Laos, prima del suo martirio, inviava articoli e riflessioni sulla sua vita missionaria, sulle consuetudini di un popolo sconosciuto che parlava una lingua ostica per un europeo. Chino sulla macchina da scrivere raccontava con dovizia di particolari emozioni, gioie e difficoltà. Un missionario timido, Mario, che si trovava a proprio agio nella scrittura e la utilizzava per esprimere la sua visione del mondo. Lo testimoniano il Diario di un uomo felice e le lettere ai familiari.
Borzaga documentava una missione importante per gli OMI italiani che su di essa avevano investito risorse umane ed economiche. La partenza di quei missionari dal porto di Napoli nell’ottobre del 1957 apriva gli orizzonti della prima missione estera assunta dall’allora Provincia Italiana dei missionari OMI. Siamo alla vigilia degli anni ’60 in un dopoguerra di rinascita di cui beneficiò anche il movimento missionario. Ancora poco si conosceva in Italia della mentalità, delle religioni, delle tradizioni del grande continente asiatico. Abbiamo pensato di ripubblicare due articoli che padre Borzaga aveva scritto per questa rivista che allora portava il nome ‘Voce di Maria’ e ‘Fino al Polo’. Non è un’operazione di nostalgia missionaria, ma un modesto tentativo di visitare quell’epoca. Le comunicazioni pervenivano in Italia via posta dopo settimane o mesi; il materiale fotografico era di difficile reperimento e arrivava sbiadito insieme ai dattiloscritti.
Questa dimensione della santità di padre Borzaga va forse ancora esplorata. Si può diventare santi raccontando la vita e le attività degli uomini, creati e amati da Dio. Si può diventare santi cercando la verità e narrandola, mercenari di nessuno. Si può diventare santi incontrando gli ultimi e dando loro voce. Come fece Manuel Lozano Garrido (1920-1971), primo giornalista laico ad essere stato beatificato. Era affetto da una malattia degenerativa, venne condannato per aver portato l’Eucaristia tra linee nemiche nel corso della guerra civile spagnola. Fu giornalista lungo tutto l’arco della sua vita. Quando perse l’uso della mano destra imparò a scrivere con la sini- stra e quando perse la vista dettava gli articoli perché altri li mettessero su carta. Scrisse un decalogo del giornalista. Al terzo punto si legge: “Quando scrivi, lo devi fare in ginocchio per amare, seduto per giudicare, eretto e potente per combattere e seminare”. Secondo noi padre Borzaga scriveva così.
Editoriale di p. Pasquale Castrilli, da Missioni OMI 01-02/2022