Perciò, dopo aver preparato la vostra mente all’azione, siate vigilanti, fissate ogni speranza in quella grazia
che vi sarà data quando Gesù Cristo si rivelerà. Come figli obbedienti, non conformatevi ai desideri d’un
tempo, quando eravate nell’ignoranza, ma ad immagine del Santo che vi ha chiamati, diventate santi
anche voi in tutta la vostra condotta; poiché sta scritto:
Voi sarete santi, perché io sono santo.

Nella Esortazione Apostolica Christifideles laici promulgata nel 1988 Giovanni Paolo II parla espressamente della dignità dei laici che si rivela in pienezza nella santità. La chiamata alla santità per i fedeli laici, pertanto, costituisce un punto capitale della loro vita e della loro presenza nella Chiesa.

La santità costituisce, cioè, “la consegna primaria affidata a tutti i figli e le figlie della Chiesa da un Concilio, voluto per il rinnovamento evangelico della vita cristiana, e tale consegna è appunto la santità. Questa consegna non è una semplice esortazione morale, bensì un’insopprimibile esigenza del mistero della Chiesa…”. (CL 16).

I pontefici hanno costantemente confermato queste verità e sono stati beatificati e canonizzati tanti santi laici. Giovanni Paolo II ha affermato che la vocazione dei laici alla santità affonda le sue radici nel Battesimo e viene riproposta dagli altri sacramenti, principalmente dall’Eucaristia: rivestiti di Gesù Cristo e abbeverati dal suo Spirito, i cristiani sono “santi” e sono, perciò, abilitati e impegnati a manifestare la santità del loro essere nella santità di tutto il loro operare come ci ha insegnato l’apostolo Paolo (Ef 5, 3) che non si stanca di ammonire tutti i cristiani perché vivano «come si addice ai santi» (CI 16)”.

Per molti fedeli laici la santità può sembrare un sogno difficile da realizzare e al di sopra delle forze comuni. Invece, la santità è una vocazione che riguarda tutti, nessuno escluso.
Essere santi non vuol dire fare miracoli o compiere gesta eccezionali, ma vivere la vita quotidiana da buoni cristiani. Essere santo vuol dire imitare Cristo, seguire Cristo nei suoi insegnamenti, vivere la sua vita attraverso i sacramenti e tradurre la fede nella pratica di ogni giorno. Essere santo per un fedele laico vuol dire santificarsi nel mondo; realizzare la propria dimensione cristiana nelle realtà temporali, partecipando cioè agli affanni e alle speranze del mondo.

Nella citata esortazione sui laici, il Santo Padre ha precisato che “la vocazione alla santità deve essere percepita e vissuta dai fedeli laici, prima che come obbligo esigente e irrinunciabile, come segno luminoso dell’infinito amore del Padre che li ha rigenerati alla sua vita di santità. Tale vocazione deve dirsi, allora, una componente essenziale e inseparabile della nuova vita battesimale e pertanto un elemento costitutivo della loro dignità” (CL 17).

Per S. Eugenio era normale ritenere che nella sua Congregazione “tutti i membri lavorano a diventare santi nell’esercizio dello stesso ministero e la pratica delle stesse regole”. La canonizzazione di Eugenio de Mazenod avvenuta il 3 dicembre 1995 è divenuta proposta di santità per tutti i membri della famiglia oblata religiosi e laici, ma anche per tutti coloro che si dedicano all’evangelizzazione nelle sue più diverse modalità.

P. Marcello Zago propone S. Eugenio come un santo da imitare, un fondatore da seguire, un maestro da ascoltare, un padre da amare, un intercessore da invocare. Sulla sua scia e guidati da lui potremo rinnovarci nel carisma che lo Spirito ha trasmesso alla sua Chiesa tramite lui.

Per il fondatore la santità è un divenire dinamico di santificazione e un camino costante che abbraccia tutta la durata della vita. Nella Prefazione della Regola degli Oblati viene esplicitato: “devono lavorare seriamente a diventare santi; devono vivere (…) in una costante volontà di giungere alla perfezione”. 

La Comunità è un qualificato luogo di santità. E’ necessaria una “santificazione comune” aveva scritto S. Eugenio a P. Tempier. La santità ha uno stretto legame con l’idea dell’uomo apostolico, ossia uomo straordinario capace di sintetizzare in sé la vita di santità e la vita di annuncio apostolico.

La Prefazione alla regola conferma l’obiettivo dell’istituto secondo l’ispirazione del Signore comprende “lavorare più efficacemente alla salvezza delle anime e alla propria santificazione”. La Santità che Eugenio de Mazenod propone è eminentemente cristologica: si tratta di diventare altri Cristo, di farsi suoi cooperatori del mistero pasquale, In lui e come lui si vive l’unione con il Padre e il servizio apostolico dei fratelli.

Per essere “uomini veramente apostolici” è necessario camminare insieme sulle orme degli apostoli. Occorre vivere uniti, come lo erano gli apostoli attorno a Gesù e seguire il modello che essi hanno insegnato ai primi cristiani di Gerusalemme. Occorre una “santificazione comune”. Scriveva S. Eugenio a P. Tempier: “Ci aiuteremo reciprocamente, con i nostri consigli e con tutto ciò che Dio ispirerà a ciascuno, per la nostra comune santificazione”. La comunità deve esprimere la perfezione dei primi discepoli degli Apostoli, cioè della prima comunità di Gerusalemme contraddistinta da una vita di santità, frutto dell’amore scambievole che sfocia in unità di cuori e di anime.

L’uomo apostolico è una persona che, assieme ai fratelli di comunità, intraprende sul serio il cammino della santità perché, come leggiamo nella Prefazione alla Regola, la missione esige “uomini apostolici che, dopo essersi compenetrati della necessità di riformare se stessi, lavorano con tutte le forze a convertire gli altri”. Il cammino di santità che egli vuole percorrere è un cammino comunitario.
In definitiva l’ideale del laico Oblato come uomo apostolico ha, fin dall’inizio, una grande ricchezza e complessità di contenuti che comprende l’idea della santità di vita e della santità condivisa nella vita fraterna.
Nel cammino di santità Eugenio de Mazenod dà molto valore all’esercizio delle virtù. Prima fra tutte la carità, vincolo di perfezione che costituisce “il perno attorno al quale ruota tutta la nostra esistenza”.
Vi sono, pertanto, tre aspetti particolari del cammino di santità del laico Oblato: la conformazione a Cristo, la via della missione, la vita di comunione fraterna.
Il primo nucleo centrale per un cammino di santità è decisamente il rapporto con Cristo Salvatore. Prima di essere un desiderio e un impegno, essa è partecipazione alla santità stessa di Cristo. Si è santi nella misura in cui, rispondendo alla chiamata di Cristo Salvatore, lo si segue, si vive della sua vita e si viene da lui introdotti nella vita trinitaria.
L’ideale dell’uomo apostolico e della comunità apostolica implica una intrinseca vocazione alla santità, ossia alla comunione trasformante con Cristo nel suo Spirito. Per continuare l’opera di Cristo occorre che ogni laico Oblato sia un altro Cristo e che la comunità sia caratterizzata dalla presenza sua e del suo Spirito. Il progetto di evangelizzazione tipico del carisma oblato comporta necessariamente quello della santità di vita. Così si è testimoni della giustizia e della santità di Dio.
Una ulteriore dimensione della via di santità per il laico Oblato è quella dalla missione.
La santità per il laico Oblato si costruisce nel costante dono di sé richiesto dalla missione, nell’amore e nel servizio concreto per le persone alle quali egli è inviato. Il dono di se stessi a Dio – l’oblazione-, passa per il dono di se stessi agli uomini e alle donne del proprio tempo, contribuendo così all’edificazione del corpo di Cristo che è la Chiesa.
 

L’obiettivo della santità rimane una sfida anche per l’oggi dei laici. Per rendercene conto sarà sufficiente leggere quanto ha scritto nel corso P. Marcello Zago, nel suo rapporto al Capitolo del 1991: “Oggi più che mai il Signore ci interpella nel nostro essere e non soltanto nel nostro agire. I bisogni di salvezza dell’umanità di oggi ci presentano non soltanto delle nuove sfide missionarie, ma richiedono la santità e un nuovo stile di vita a livello personale e comunitario”. Nell’oggi del mondo secolarizzato è la qualità del nostro essere deve fare di noi laici dei missionari, autentici testimoni di Cristo.

Da cristiano ho capito quanto sia importante creare, lì dove si è posti, un autentico dialogo che sia capace ti testimoniare Cristo risorto, partendo dall’apprezzare l’altro e presentando un Dio non giudicante, ma che ama, riconoscendo il bene che ognuno è comunque capace di fare, pur non sapendo che il vero bene proviene da Lui.
Talora mi è capitato di sorprendere chi mi sta accanto, nei luoghi di lavoro, in palestra, con amici o semplici conoscenti, nel presentare un Gesù che non pretende una eroica vita, fatta di privazioni, rinunce (c’è chi è chiamato a questo…), mostrandoci una via della santità “semplice” , dove si è chiamati ad apprezzare piccole cose, come lo stare insieme con degli amici, il poter condividere il proprio tempo, magari in una semplice cena e sperimentando un amore disponibile che sappia ascoltare e apprezzare quanto c’è di buono in ciascuno. Mi è capitato di sorprendere il prossimo, presentando il Gesù “beone” che amava stare fraternamente con i propri fratelli o col peccatore, a cui mostrava una via nuova, o parlando di come grandi figure quali il Re Davide (lussuria) o lo stesso S. Paolo (persecutore dei primi
cristiani) che si sono macchiati di grandi peccati, ma Dio li ha poi richiamati permettendo di fare cose stupende nel suo nome.

Piccoli dialoghi o testimonianze su come la vita e il tempo che ci viene donato siano da vivere “pienamente” e nella gioia, affermando cosi che il nostro Dio è il Dio della vita e non della morte, della gioia e non del dolore, redentore e autore di un grande mistero. Ciò ha sorpreso e stimolato l’interlocutore a comprendere un nuovo volto di Dio che non necessariamente pretende la “perfezione” del buon cristiano sofferente, ma semplicemente propone di dare valore e colore alla nostra quotidiana vita che già parla e si proietta all’eternità e tende alla santità. Buon cammino a tutti.
Giacomo Errante Parrino

  1. L’ideale di santità costituisce un obiettivo della tua vita?
  2. È possibile per te essere santi nella società odierna?
  3. Come vivi la dimensione della santità nella vita in comunità?