Al di là degli allarmismi e con una giusta regolamentazione dei flussi migratori, sembrano essere almeno quattro le ragioni per accogliere le persone immigrate nella nostra Italia.
Il primo motivo è di origine storica. Il mondo è fatto di migrazioni quasi sempre per motivi di sofferenza. Anche noi italiani siamo un popolo che ha la migrazione nel suo DNA. Non pensiamo solamente alle grandi partenze verso gli Stati Uniti, l’America latina e il nord Europa nel dopoguerra. Ancora oggi migliaia di italiani (e non solo dal sud) lasciano le proprie terre di origine. Di questi una gran parte sono giovani la cui prima meta è il Regno Unito. Un secondo motivo per l’accoglienza è il mercato del lavoro. Ci sono professioni che in Italia non vuole fare più nessuno perché considerate di seconda fascia e con poche gratificazioni economiche. Pensiamo al lavoro nei campi, ma anche all’assistenza degli anziani e al lavoro artigianale. Le persone immigrate occupandosi di questi settori contribuiscono alla crescita del prodotto interno lordo e contribuiscono a non perdere tradizione e abilità. Un terzo motivo è di natura più squisitamente culturale. L’incontro tra popoli, culture e tradizioni, ci aiuta a non rinchiuderci nella nostra italianità. Pur bella e ricca, la nostra cultura e mentalità può arricchirsi incontrando altri mondi che portano civiltà e tradizioni. La ricchezza non si misura solo in termini monetari, ma anche in termini di umanità e di fecondità delle relazioni fraterne. Un quarto motivo è di natura demografica. La popolazione italiana va diminuendo e invecchiando. I nuovi italiani creano famiglie a volte con numerosi figli. L’Italia può mostrare accoglienza e garantire diritti anche a chi nasce sul suo suolo da genitori non nati in Italia. Si stima che nel 2065 la quota di immigrati di prima e seconda generazione in Italia potrebbe toccare il 40% della popolazione residente.
Alcuni episodi di cronaca creano allarmismi esagerati. I proclami, a volte fuori luogo, di alcuni politici nostrani producono paure e disorientamento. Come sempre è utile conoscere, informarsi, documentarsi e mettersi all’ascolto. In questa direzione ci sembra che le riviste missionarie possano dare un prezioso (e per certi versi insostituibile) contributo. Viaggiare per giorni in condizioni precarie nei deserti del nord Africa, sul mar Mediterraneo, sui sentieri frontalieri delle Alpi, mettere a rischio la propria vita e quella dei bambini è un prezzo troppo alto per l’Europa e per il Pianeta. Occorrono mentalità e prassi basate sui valori dell’accoglienza e della condivisione.
(Editoriale di p. Pasquale Castrilli, da Missioni OMI 08-09/2018)