Arriva puntuale nei primi giorni del mese. Non importa se ci siano avverse condizioni atmosferiche o altre complicanze. Normalmente al pomeriggio, tra le 16 e le 17. A volte accompagnata dalla figlia e da un simpatico cagnolino. “Sono la signora della rivista. È arrivato l’ultimo numero di Missioni OMI?”. Parcheggia, percorre con eleganza il tragitto che la separa dall’uscio della casa oblata. Volto sereno, capelli ricci, un leggero profumo… Qualche parola prima dell’immancabile offerta in denaro. Rientra a casa contenta, con la copia di Missioni OMI tra le mani. Ogni mese si ripete questo rito con una puntualità disarmante. In rare occasioni la interrogo sui contenuti del nostro mensile. Inutile dirlo: è preparatissima.
La signora della rivista non ha solamente preso un impegno, ma ha bisogno dei contenuti del nostro giornale per nutrire la sua vita, la sua intelligenza, il suo impegno cristiano. Non siamo una rivista di studio, possiamo essere letti e capiti da ogni persona che conosca la lingua italiana. Raccontiamo la missione oblata, la vita della chiesa, testimoni di ieri e di oggi. In qualche circostanza ci togliamo qualche soddisfazione giornalistica presentando ai nostri lettori contenuti assolutamente originali. Penso in anni recenti al numero sulla beatificazione degli Oblati martiri in Laos, alle visite di padre Giorgianni in Corea del Nord… Non sono lontani da questo giornale argomenti che vanno dalla televisione allo sport, dalla cucina ai libri. Nessun settore della vita umana è estraneo al Vangelo e alla missione.
Eppure le nostre care riviste missionarie soffrono in questi anni. Meno lettori, meno abbonamenti, poca fiducia da parte degli editori stessi. Varie le cause. Anni fa avevo condotto una piccola inchiesta sull’informazione missionaria pubblicata a puntate su Missioni OMI. Inchiesta poi confluita in un libro. Quando parlo della stampa missionaria, tutti sono edificati, contenti, entusiasti. Scoprono contenuti originali e inediti. La missione sul campo interpella. Il fatto è che pochi credono ancora sinceramente nell’informazione missionaria. A nostro modesto parere la crisi della stampa missionaria riflette la crisi degli istituti missionari che in Italia sono spesso appiattiti su consuetudini, soggiogati da problemi e ristrutturazioni interne. Così che se un giorno ci dicessero che una rivista missionaria decidesse di cessare le pubblicazioni non ne saremmo meravigliati (o forse non ce ne accorgeremmo nemmeno). Presenze missionarie incapaci di esprimere oggi la novità dell’annuncio del Vangelo non hanno bisogno di un giornale. La signora della rivista suonerà un giorno, ma non avrà risposta.
(Editoriale di p. Pasquale Castrilli, da Missioni OMI 10/2018)