Carissimi Confratelli Oblati, Consacrate e Laici della Famiglia Oblata,
Papa Francesco per celebrare il centesimo anniversario della Lettera Apostolica Maximum Illud di Papa Benedetto XV ha voluto indire in questo anno il Mese Missionario Straordinario dal tema “Battezzati e inviati: la Chiesa di Cristo in missione nel mondo”.
È un’occasione per noi per rimettere a fuoco la dimensione missionaria della nostra vita. Cosa può aiutarci a far brillare la vocazione alla missione che come battezzati e consacrati abbiamo ricevuto? Guardando alla vita di s. Eugenio sono evidenti i talenti, i doni, le grazie che il Signore gli ha fatto e che sono diventati patrimonio comune a tutta la nostra Famiglia oblata. Ne indico cinque per richiamare la parabola dei talenti così come la narra l’evangelista Matteo (Mt 25, 14-30).
L’incontro con Gesù crocifisso un Venerdì santo (1807?). Contemplando il Crocifisso Eugenio ha fatto un’esperienza simile a quella dell’apostolo Paolo sulla via di Damasco quando ha scoperto che Cristo è Colui che “mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20). E ha capito di non poter tenere per sé questa luce che gli ha stravolto la vita, anzi, che ne era stato destinatario per esserne annunciatore. La missione nasce da un incontro e in esso fiorisce e si sviluppa.
I poveri. Eugenio concretizzò la spinta ad essere canale dell’esperienza fatta di fronte al Crocifisso attraverso il servizio ai carcerati, ai giovani, alla povera gente. I poveri sono, per gli Oblati, un luogo privilegiato attraverso cui si coglie la chiamata del Signore. Per una speciale sensibilità carismatica avvertiamo l’appello all’evangelizzazione attraverso i bisogni di salvezza di chi ci sta intorno. I poveri non ci lasciano indifferenti, ci interpellano e noi sentiamo che Dio stesso, attraverso di loro, ci invita ad essere attivi nel portare la bella notizia che tutti attendono.
La comunità. Da soli si può fare tanto ma insieme è tutt’un’altra cosa. Il 25 gennaio 1816 è la data di nascita della Società dei Missionari di Provenza, nostra prima comunità. La comunità è una risorsa preziosa per la nostra santificazione e per l’opera di evangelizzazione. Vivere in comunione profonda con gli altri è parte essenziale della nostra vita di uomini creati ad immagine di Dio e di cristiani redenti da Cristo che ci ha resi membra del suo Corpo. Una comunità viva ha in sé una naturale forza irradiante, un potenziale missionario irrinunciabile.
La consacrazione. La consacrazione battesimale ci introduce nella famiglia dei figli di Dio, nella Chiesa che per sua natura è missionaria. Nel battesimo riceviamo lo Spirito che è il primo artefice della missione. Chi di noi è stato chiamato a diventare Oblato è stato chiamato anche ad una speciale consacrazione che si esprime attraverso la professione dei consigli evangelici. Fin dall’inizio Eugenio ha voluto aggiungere questa dimensione tipica della vita religiosa. L’11 aprile 1816, Giovedì santo, assieme al suo primo compagno, Tempier, emette i voti privati. Ne spiega così il senso: «La mia intenzione dedicandomi al ministero delle missioni per lavorare soprattutto all’istruzione e alla conversione delle anime più abbandonate, era imitare l’esempio degli apostoli nella loro vita di dedizione e di abnegazione. Ero persuaso che, per ottenere gli stessi risultati nelle nostre predicazioni, bisognava camminare sulle loro orme e praticare, per quanto ci sarebbe stato possibile, le stesse virtù. Vedevo dunque i consigli evangelici, ai quali loro erano stati così fedeli, come indispensabili da abbracciare, perché non avvenisse delle nostre parole quello che troppe volte avevo riconosciuto nelle parole di tanti altri che annunciavano le stesse verità, cioè di essere un bronzo che suona e un timpano squillante…».
La Regola. Nel 1818 a Saint Laurent-du-Verdon Eugenio scrive la Regola della nuova famiglia religiosa. P. F. Jettè, uno dei Superiori generali del nostro Istituto, ricorda che «come Oblati, come gruppo apostolico, noi abbiamo bisogno di una certa struttura o regola di vita (…) per trasformarci in Gesù Cristo e dare una vera consistenza al nostro essere. Quanti Oblati hanno potuto crescere, e svilupparsi, e portare frutti meravigliosi di santità e di apostolato, grazie alla Regola di vita, che hanno pienamente vissuta! Lasciati a se stessi, non avrebbero mai oltrepassato una certa mediocrità umana e spirituale…». Le Costituzioni e regole «… permettono ad ognuno di valutare la qualità della sua risposta alla chiamata che ha ricevuto e di diventare santo» (C 163).
Tutti questi “talenti”, veri doni dall’alto, hanno nutrito e fatto fruttificare la vita e l’azione missionaria di Eugenio. Chiediamo a Maria, stella dell’evangelizzazione, di saperli far fruttificare anche in noi come segno di amore appassionato per Dio che ce li ha donati per il nostro bene e per il bene dei fratelli che ci chiama a servire.
Ricordiamoci di pregare sempre gli uni per gli altri.
p. Gennaro Rosato omi
Superiore provinciale