Pensiamo alle nostre nazioni, alle nostre scuole e università, alle nostre comunità missionarie, alle nostre parrocchie, ai nostri giornali, come a delle istituzioni serie, vere, necessarie. Esse in realtà sono spesso strutture statiche, ma questa staticità dà grande sicurezza. Ci sentiamo inseriti in certezze, possessori di verità, rivestiamo un ruolo di cui siamo intimamente fieri e che mascheriamo come servizio, ripetiamo all’infinito uno spartito per la pigrizia di impegnarci in qualcosa che scomoda. Ci sembra di essere vivi, ma non lo siamo, adeguati ma non lo siamo, profetici ma non lo siamo. Rischiamo di non essere e di non parlare più a nessuno. Cosa stiamo facendo dell’ideale missionario di cui siamo (indegni) mediatori? Cosa facciamo per annunciare oggi Cristo morto e risorto, salvatore del mondo?
In verità in alcuni momenti della vita gustiamo la limpida forza della rivoluzione, del ribaltamento delle certezze che ha sovente come primo risultato la creazione di comunità nuove. Profondamente umane, belle, vivaci, vere. È quanto accade ad esempio in occasione di missioni popolari, campi estivi, stage, convegni, concerti, esperienze di viaggio. Si tratta di spazi comunitari che formiamo con altri e che hanno un inizio e un termine tutto sommato breve. Qualche mese, qualche anno… Sono delle utopie nomadi: ci si riconosce, si cerca il bene e il bello, si vibra insieme, si condivide, si sogna e si osa insieme. Momenti emotivi? E perché no! Che non hanno consistenza? Che non hanno seguito? Può darsi, ma non ne sarei così certo. Alcuni spazi comunitari hanno generato persone nuove, hanno impostato percorsi di vita, hanno servito i poveri. Riteniamo utile, anche per l’evangelizzazione, creare occasioni per accogliere il Mistero, per accogliersi reciprocamente, per cercare la verità, per non farsi fregare dalle paure. Se è importante la stabilità (attenzione: non la staticità!) é altrettanto importante ciò che dà vita a tale virtù. Se è necessario lo scheletro sono altrettanto indispensabili i muscoli e l’alito che dinamizza tutto. Il mondo missionario italiano ha forse perso questa spinta sovversiva, radicata nella tradizione, nella Parola di Dio e nel magistero della chiesa, ma altrettanto coraggiosa e innovatrice. Alcuni, ripetendo lo spartito di sempre, parlano ad una nicchia, poche migliaia di persone perlopiù nostalgiche. Altri hanno alleggerito la profondità della teologia missionaria per essere più divulgativi. L’Ottobre missionario straordinario 2019 ci aiuta a pensare la missione, a rinnovare le nostre istituzioni missionarie e renderle vive, vicine agli uomini e alle donne di oggi.
(Editoriale di p. Pasquale Castrilli, tratto da Missioni OMI 10/2019)