di p. David López omi
(tratto da Missioni OMI 8-9/2019)
Ciò che mi propongo di fare mi sembra un po’ audace: interpretare come Dio prepara i martiri durante tutta la vita in vista del martirio. In effetti è ciò che facciamo noi accompagnatori spirituali tante volte quando proviamo a leggere come Dio parla alle persone nelle vicende della loro vita. Il martirio non è un evento isolato o fortuito nella vita delle persone, ma fa parte del piano di salvezza che Dio ha avuto per ognuno di loro. Gli esperti di vita spirituale ci dicono che a volte Dio prepara le persone nella vita per ciò che verrà dopo attraverso vari modi che possiamo cercare di interpretare attraverso il discernimento. Ho scelto di parlare di quattro degli Oblati, beati martiri di Pozuelo. Partendo dalla loro storia, sottolineo un modo particolare attraverso il quale Dio li ha preparati per il momento finale dell’offerta della vita. Queste osservazioni possono aiutarci a vedere come Dio ha agito nella loro vita e nella nostra. Questi “strumenti di Dio” sono: le circostanze della vita, i moti interiori, il carattere, l’impegno sociale.
Francisco Esteban: le circostanze della vita
Ricordiamo il senso di responsabilità e il coraggio di p. Esteban in visita agli scolastici nascosti in clandestinità o la scena finale di p. Esteban, il 28 novembre durante quella fredda notte a Paracuellos: “Sappiamo che ci uccidete perché cattolici e religiosi; lo siamo! Sia io che i miei compagni vi perdoniamo con tutto il cuore. Viva Cristo Re!”.
Sono le parole al momento della morte. Dove ha preso quella forza, quel coraggio quasi spericolato? Se ci immergiamo nella vita di p. Esteban, scopriamo in primo luogo, che era figlio di una guardia civile e sua madre era morta giovane. Ha ricevuto un’educazione di ferro che ha contribuito a rafforzare la sua volontà. Ma c’è un altro fatto meno conosciuto: la sua partecipazione alla guerra d’Africa. Da scolastico aveva fatto il servizio militare che era obbligatorio anche per i religiosi. Nel luglio del 1909 il suo battaglione è uno dei primi mobilitati per andare in Africa. L’allora scolastico Francisco, a 21 anni, si trova improvvisamente coinvolto in una guerra sanguinosa. Il giorno dopo l’arrivo, lui e i suoi compagni incontrarono il cosiddetto “disastro del Barranco del Lobo”. Esausti per il lungo viaggio non avevano ricevuto alcuna formazione. Decidere di usarli in combattimento in quelle condizioni significava portarli al macello. L’imboscata nel burrone del Lupo causa più di 150 morti e quasi 600 feriti. Alla compagnia di Francisco toccò la posizione di avanguardia; solo lui e il suo capitano sono sopravvissuti. Per questo giovane di 21 anni, è stata un’esperienza forte nella quale ha conosciuto la condizione umana in tutta la sua grandezza, la miseria, la sofferenza, il valore della vita e come la morte può facilmente arrivare. Questo momento critico preparerà il giovane Francisco per le future esperienze di persecuzione e di morte che avrebbe sofferto più tardi e farà di lui un uomo senza paura della morte, né dei carnefici. Ha saputo affrontare il pericolo a favore dei fratelli con integrità e senso del dovere. Indubbiamente, nello stile di sant’Ignacio de Loyola, si guadagnò il soprannome di “soldato di Cristo”. Durante il periodo della clandestinità, p. Francisco si è distinto per il coraggio nell’andare a visitare gli Oblati dispersi qua e là e le Suore della Santa Famiglia. Le circostanze della sua vita, in particolare la tragica esperienza della guerra, lo avevano preparato per questo preciso ruolo: essere colui che incoraggiava nella fede i suoi fratelli con quell’integrità che lo caratterizzava.
Gregorio Escobar: le disposizioni interiori
Dio ci prepara attraverso le circostanze della vita, attraverso il carattere, ma anche attraverso disposizioni interiori, l’ispirazione nella profondità del cuore. Gregorio Escobar, appena ordinato sacerdote ne è un esempio. Questa intuizione spirituale, sotto forma di desiderio interiore, si trova in una lettera scritta il 1 marzo 1936, indirizzata ai genitori nove mesi prima del martirio. Gregorio cerca di rassicurare la famiglia dicendo che a Pozuelo tutto è tranquillo nonostante il successo della sinistra. Tuttavia, la possibilità di persecuzioni violente non è estranea all’immaginazione di Gregorio, e gli sfugge una confidenza importante, che diventerà uno dei testi emblematici dei martiri oblati di Pozuelo: “Sempre mi hanno commosso nel più profondo del cuore i racconti di martiri che sono sempre esistiti nella Chiesa e leggendoli sempre mi assale un segreto desiderio di avere la loro stessa sorte. Questo sarebbe il miglior sacerdozio a cui tutti i cristiani possano aspirare, offrendo ognuno il proprio corpo e il proprio sangue a Dio in olocausto per la fede: che bello sarebbe morire martire!”. In questo breve testo, Gregorio mette in relazione tre concetti: il sacerdozio, l’oblazione e il martirio. Questa stessa intuizione, molto più sviluppata, si trova nel beato Mario Borzaga e in sant’Eugenio de Mazenod. Dio prepara Gregorio nella sua interiorità, nella vita interiore, nella preghiera, nel profondo del cuore. A volte Dio ci dà intuizioni, mozioni, profezie, che non comprendiamo bene, qualcosa di oscuro. Più tardi, molto tempo dopo, al momento giusto, le comprendiamo.
Vicente Blanco: il carattere
Ricordiamo l’immagine di p. Vicente Blanco, superiore dello scolasticato, quando scoppia a piangere inconsolabile nel distribuire la comunione agli scolastici per svuotare il tabernacolo la mattina del 23 luglio e dice: “Che ne sarà di questa casa ora che non abbiamo più il Signore con noi?”. Come interpretare questo fatto? È una circostanza isolata in cui l’uomo è caduto nella desolazione a causa dello stress e della responsabilità? È un segno della sua natura sensibile? È frutto della sua grande fede e devozione all’Eucaristia? Se uno studiasse la figura di p. Blanco, sarebbe in grado di comprendere la situazione e vedere come Dio lo abbia preparato in modo molto diverso da come ha preparato p. Francisco Esteban. Se entriamo nella vita di p. Vicente, troviamo ciò che ha vissuto nella scuola apostolica di Urnieta della quale è stato superiore dal 1917 al 1924. Questi anni sono stati una vera e propria prova per lui a causa delle difficoltà economiche che la comunità stava vivendo. La Provincia francese del Sud, che soffre le conseguenze del dopoguerra, non è in grado di aiutare le opere in Spagna. Tuttavia, a Urnieta le vocazioni aumentano ogni anno e con loro le bocche da sfamare. Appena nominato superiore della comunità, p. Blanco si rende conto che, se voleva mantenere la scuola, era urgente trovare un aiuto finanziario. Inizia a scrivere lettere cercando aiuti ovunque. Alla fine del 1919 la situazione è disperata. La scuola apostolica deve essere chiusa. Ma la Provvidenza salva la situazione: arrivano due lettere insieme dal Texas, a causa del ritardo della posta. Viene informato che è stata trasferita una buona somma di denaro per aiutare la comunità di Urnieta. Le sue preghiere sono state ascoltate! Nonostante questo trionfo, tutta questa situazione avrà il suo prezzo. Dalle sue lettere, custodite a San Antonio (Texas), abbiamo scoperto un uomo molto sensibile, che si lascia sopraffare dalle preoccupazioni. Intorno ai 40 anni ha un momento di crisi e una lotta interiore che vive con angoscia e nella solitudine. Le mille tensioni accumulate negli ultimi dieci anni, prima come economo e poi come superiore, lo hanno segnato, anche nella salute fisica e nel suo stato psichico. Pur mostrandosi deciso e audace all’esterno, gli eventi lo segnano interiormente. Forse capiamo meglio perché p. Vicente scoppia in lacrime quella mattina del 23 luglio. Tuttavia, il carattere sensibile che qualcuno poteva vedere come una debolezza, lui sapeva trasformarlo in fortezza. Non a caso p. Vicente si guadagnò il soprannome di “santo padre Blanco”. Seppe fare della fede un punto di forza, il suo sostegno. Ciò che non gli ha dato il carattere, glielo ha dato la profonda fede. Durante i mesi della persecuzione sarà l’uomo del rosario. Molti ricordano il suo modo di pregare “che impressionava”. Gli rimaneva solo la fede e soltanto a questa si aggrappava; e lo faceva insieme con colei che stava ai piedi della croce: Maria. P. Blanco è un san Giovanni che sta accanto a Maria ai piedi della croce. La sua testimonianza è la stessa del povero di Yahweh che ha perso tutto umanamente ma confida in Dio. Dio lo ha preparato con una profonda vita spirituale.
Cándido Castán: l’impegno sociale
Il laico Cándido Castán è probabilmente il meno conosciuto del gruppo. La prima fase giovanile è caratterizzata da passione ed entusiasmo soprattutto nel campo dei sindacati cattolici, che potremmo definire la sua vocazione specifica. Partecipò attivamente alla fondazione del sindacato ferroviario cattolico a Madrid. Il suo entusiasmo trascina molte persone. Quando parla agli operai riuniti ci sono molte interruzioni a causa degli applausi. Castán si preoccupa di garantire una buona formazione ai lavoratori, sia essa religiosa che socio-economico; crea una biblioteca a disposizione dei soci per “educare e insegnare ai lavoratori in modo che così diminuisca il numero di analfabeti e avere lavoratori istruiti e di buon senso”. Lui stesso scrive e invia frequentemente articoli e recensioni al giornale del sindacato. Questa attività gli è valsa una certa fama che si conclude con la nomina a primo vice presidente della Confederazione dei sindacati cattolici (1919-1924) e poi due mandati come presidente (1924- 1932). La Confederazione contava più di 60mila lavoratori. Il secondo stadio coincide con il suo impegno politico durante la dittatura di Primo de Rivera. Di questo periodo, sottolineo la sua capacità di dialogo senza rinunciare alle proprie convinzioni. Primo de Rivera, che non si fidava della classe politica tradizionale, cercò di creare una struttura pubblica piuttosto originale con rappresentanti sociali di diversa provenienza. Tra questi c’erano i sindacati cattolici rappresentati da Cándido. Approfitta del nuovo incarico come membro dell’Assemblea parlamentare per favorire i poveri e i bisognosi e combattere per condizioni migliori per i lavoratori. Difende coraggiosamente i minatori chiedendo la riduzione dell’orario di lavoro. Nel 1932 terminò il suo lavoro come presidente della Confederazione. Inizia quindi una terza e ultima fase, molto più tranquilla e silenziosa. Probabilmente fu una tappa di purificazione sotto diversi aspetti. Da un lato, l’uomo attivo che è sempre stato deve ora rinunciare a stare “su tutti i fronti”, dall’altro deve accettare un certo fallimento dei suoi progetti giovanili. Nonostante tutto il lavoro, nella Spagna repubblicana l’influenza del sindacalismo cattolico è insignificante. Ugualmente, il sistema politico-monarchico in cui Castán confidava ha fallito; la rivoluzione e l’ateismo stanno avanzando. Questa situazione di apparente fallimento può essere tuttavia un’opportunità per crescere nella fede. Il suo zelo di evangelizzatore lo portò ad attirare molti al sindacato cattolico, che considerava una risposta ecclesiale ai segni dei tempi. Candido non poteva mai tacere o restare indifferente all’ingiustizia. La sua onestà e la fiducia nell’essere umano lo hanno portato a dialogare con tutti allo scopo di lottare per il bene comune. Che paradosso che un sindacalista che per tutta la vita aveva cercato il bene dei lavoratori, non con la violenza ma con il dialogo con tutti, ora debba morire per mano di “presunti” sindacalisti, che si dicevano rappresentanti del proletariato!
Il martirio è la firma con il sangue di una vita offerta e presuppone una disposizione interiore alla quale Dio stava preparando la singola persona. Le vite dei martiri, studiate con rigore e profondità, ci aprono alla comprensione dei loro itinerari di vita intesi come storie di salvezza. Le storie delle loro vite possono servire ad illuminare le nostre.