III domenica di Quaresima – Anno C
Letture: Es 3,1-8.13-15; Sal 102; 1Cor 10,1-6.10-12; Lc 13,1-9
Il tempo è una dimensione importante per misurarci nella vita. Quando bisogna prepararsi per un esame o per un concorso ci si chiede sempre: “quanto tempo ho a disposizione?”. E’ fondamentale conoscere la misura per calcolare le possibilità. Se acquistiamo un oggetto di una certa importanza chiediamo sempre “quanto dura la garanzia?” per avere un minimo di sicurezza che non ci rimetteremo nel caso di un difetto del prodotto. Così nei giochi a quiz, come nel celeberrimo lascia e raddoppia dove un enorme orologio alle spalle di Mike Bongiorno indicava lo scorrere del tempo a disposizione per dare una risposta e quando arrivava il “gong”: tempo scaduto!
Anche la nostra pazienza ha un suo tempo, un suo limite: almeno così diciamo quando arriviamo al massimo della sopportazione dinanzi una ripetuta azione per noi inaccettabile. E Dio? Che senso ha il tempo per Dio, visto che in Dio il tempo non c’è? Dinanzi ad un albero di fichi che da tre anni non produce frutti che senso ha attendere ancora un altro anno? Non è forse un far finta di nulla ignorando ciò che l’esperienza insegna? Se non ha portato frutti fino ad oggi, non sarà così anche per il domani? Per Dio non è così. Il tempo prorogato è una nuova possibilità per noi di essere ciò che Dio vede possibile in noi. C’è una potenzialità di portare frutti anche se per tre anni non è stato così; per tal motivo quando ci inginocchiamo dinanzi ad un sacerdote confessando l’assenza di frutti buoni ci sentiamo dire: “io ti assolvo”, riprova ancora ad amare. Prendendo l’immagine di una clessidra, quando l’ultimo granello di sabbia è passato dalla parte superiore alla parte inferiore, Dio non ci dice “tempo scaduto!”: prende la clessidra e la capovolge per darci ancora tempo e nuove possibilità per far fiorire la vita nuova che ci ha donato.
p. Maurizio Vella, omi